29 settembre 2011

Il premio Loebner

Hugh Loebner oltre ad essere un noto sociologo, è anche uno dei più controversi personaggi della cultura americana contemporanea, a causa della sua eccentricità e delle sue opinioni politiche controcorrente e senza dubbio originali. Nel 1990 il Dott. Loebner ha acconsentito a sponsorizzare una gara annuale tra programmi ed umani, basata sul Test di Turing. La gara premia con medaglie, e finanzia ulteriori sviluppi, i programmi "più umani".
Fin dalla sua istituzione, il premio è stato una vera calamita di controversie e polemiche, come tra l'altro tutte le attività organizzate da Loebner. Una delle dispute principali è stata circa la decisione di Loebner di assegnare la medaglia d'oro ed un premio di 100.000 dollari al primo programma che supererà un Test di Turing "audio-visuale". Fino ad ora nessuno è riuscito a vincere, e visto lo stadio attuale della tecnologia, non è previsto che nessuno ci riesca nel prossimo futuro.
Le medaglie d'ergento e di bronzo sono basate invce sullo Standard Turing Test (STT) di cui si è parlato nei precedenti post. Partecipano otto programmi e due umani. Un gruppo di 10 giudici ruota su tutti e 10 terminali chattando 15 minuti con ciascuno, senza sapere a quali terminali sono collegati i due umani e a quali gli otto programmi. Dopodichè ogni giudice assegna un punteggio al "quanto sia umana" l'entità con la quale ha comunicato. Nel 2000 il premio (medaglia d'argento) è andato ad A.L.I.C.E., nel 2001 ad Anna, un'evoluzione di A.L.I.C.E., nel 2002 ad Ella un progetto in sviluppo da parte di Kevin Copple che vuole andare in direzione di un Test di Turing audio visuale.
La medaglia di bronzo viene assegnata al programma che totalizza più punti, se i due umani presenti totalizzano punteggi maggiori dei programmi. L'importanza della medaglia d'argento sta nel fatto che essa viene assegnata al programma che totalizza più punti di almeno un umano.

Per approfondire, c'è la voce Wikipedia di A.L.I.C.E., che ancora oggi è ritenuto il miglior chatterbot in termini di assomiglianza al comportamento di un umano.
Interessante è anche la pagina web del Premio Loebner.

Alessandro Iacuelli

27 settembre 2011

La storia di Capitan America

Vita (lunga), morte (multipla) e miracoli (a iosa) di Steve Rogers, figlio di immigrati irlandesi e incarnazione ipermuscolare del sogno ammeregano.

Un paio di settimane or sono abbiamo visto come, in alcuni casi, nell’universo DC per svecchiare i personaggi e tenerli al passo con i tempi, le storie pubblicate negli anni 40 siano considerate appartenenti a un universo parallelo rispetto alle storie, sempre degli stessi super-eroi, pubblicate dagli anni 60 in avanti. Nell’universo Marvel questo non accade: vi sono sì più universi coesistenti, ma l’universo principale, la Terra 616, è, fin dagli anni 40, sempre la stessa. È così che Steve Rogers, alias Capitan America, è un veterano della seconda guerra mondiale ancora vivo e pimpante nelle storie di oggi – questo grazie sia a una trovata che illustrerò più avanti, sia alla tanto famigerata floating timeline (alcuni la chiamano anche sliding timescale) utilizzata negli uffici della Marvel.

Tale linea temporale a scorrimento, giusto per darle un zoppicante corrispettivo italiano, è una trovata narrativa che, nelle intenzioni della casa editrice, dovrebbe spiegare perché dei personaggi che sono in giro dal 1960 non sono invecchiati, ad oggi, al massimo che di una manciata di anni. Tutte le storie di Terra 616, infatti, sono ambientate in un generico presente storico all’interno del quale ogni riferimento al passato deve essere inteso non in senso letterale, ma deve essere appunto fatto scorrere per farlo coincidere con la supposta età che il personaggio ha durante la storia che si sta leggendo. In parole più chiare, se in una storia dell’Uomo Ragno parte un flashback riferito a “cinque anni fa”, non si deve pensare che il flashback sia ambientato nel 2006, ma cinque anni prima nella vita dell’Uomo Ragno (il che, editorialmente parlando, può significare che il flashback riguarda storie pubblicate trent’anni fa). Questo, unito a una serie di ulteriori accorgimenti (come il fatto di aggiornare continuamente gli scenari in cui alcuni punti fissi del passato dei personaggi avvengono)[a], costituisce l’ossatura temporale dell’universo Marvel, e se da una parte ha il pregio di poter far gestire a più mani e al contempo di mantenere in un certo senso integri dei personaggi di gran successo, dall’altra ha il tremendo difetto di cristallizzare i personaggi in gabbie via via sempre più forti e irreali, andando quasi sempre ad annullare l’importanza di eventi che, si suppone, dovrebbero portare a importanti sviluppi nelle storie e nelle psicologie dei personaggi stessi.

Pubblicato per la prima volta nel 1941 dalla Timely Comics (la prima incarnazione editoriale della Marvel), e scaturito dall’immaginazione e dalle matite di Joe Simon e Jack Kirby, Steve Rogers/Capitan America è inizialmente un giovanotto che unisce un fisico esile e gracile a un profondo senso della patria, e che vorrebbe dare a tutti i costi una mano nello sconfiggere le infernali armate del Terzo Reich. Scartato alla visita di leva, accetta di sottoporsi a un esperimento militare per sviluppare le proprie capacità fisiche – esperimento che si rivelerà un completo successo, donando a Steve un corpo dalle capacità fisiche perfette, ma che, a causa dell’assassinio da parte di una spia nazista dello scienziato che aveva memorizzato l’esperimento senza trascriverlo, non sarà replicato su nessun altro essere umano. Usato prima come arma di propaganda e poi come testa d’ariete sul campo di battaglia dall’esercito americano, Capitan America finisce ibernato in un pezzo di ghiaccio al Polo Nord, in seguito al tentativo di disinnescare un razzo tedesco diretto verso gli Stati Uniti. Dato per disperso, viene ritrovato e risvegliato dopo vent’anni[b] da alcuni super-eroi nel frattempo comparsi nell’universo Marvel, i Vendicatori (ovvero Iron Man, Thor, Ant Man e Wasp), gruppo nel quale entra a far parte assumendone poi le vesti di leader. Seguono avventure più o meno bizzarre, vari cambi di identità e costumi, e una classica morte con rinascita[c].

Icona patriottica e di gran successo commerciale, Capitan America è stato spesso utilizzato, nelle sue storie migliori, come elemento tramite il quale esprimere una inaspettata critica sociale e politica, anche con riferimenti storici precisi (come ad esempio il Watergate), e che trovava la sua ragion d’essere proprio nello status del personaggio (una sorta di Nixon in Cina fumettistico).

Forse non tutti sanno che…


-lo scudo di Capitan America gli è stato consegnato direttamente da Franklin Delano Roosevelt.

-per un certo periodo Steve Rogers ha smesso i panni di Capitan America per indossare quelli di Nomad. Peccato che, indossando il costume di Nomad, gli sia capitato di inciampare nel suo stesso mantello.

-nelle varie ri-narrazioni dell’esperimento iniziale per donargli un corpo perfetto, a volte Steve beve un preparato miracoloso, a volte gli viene iniettato un siero segreto (detto siero del super-soldato), a volte viene irradiato con dei non meglio precisati vita rays – a volte, infine, si becca tutti e tre i trattamenti assieme (ah, la cara, vecchia sperimentazione scientifica in tempo di guerra!).

-sempre per quanto riguarda lo scudo, il materiale di cui è composto è il vibranium, una particolare lega metallica che non viene scalfita neppure dagli artigli d’adamantio di Wolverine.

-Capitan America e Wolverine si sono incontrati più volte durante la Seconda Guerra Mondiale (Wolverine era arruolato nell’esercito canadese); anche Nick Fury è stato commilitone di Capitan America.

-il primo Capitan America è stato un afro-americano, Isaiah Bradley (si tratta di un particolare aggiunto di recente, all’interno di una storia nella quale si narra di come i primi esperimenti con il siero del super-soldato fossero stati condotti su soldati afro-americani).

[a]Prendiamo ad esempio Tony Stark, il quale, a leggersi tutti i numeri delle testate a lui dedicate, costruisce la prima armatura del suo Iron Man durante la guerra del Vietnam; quindi, passati un po’ di anni e non potendo più far collimare l’età di Stark e la sua presenza in Vietnam, si decide che l’armatura di Iron Man è stata costruita durante la prima guerra del Golfo, e, ultimamente, durante il conflitto in Afghanistan (il doppio inghippo dell’universo Marvel, come avrete già capito, è che c’è sì questa sliding timescale, ma molti eventi del mondo reale fanno parte del mondo narrativo, e vengono continuamente citati, ingenerando una serie di complicazioni e di paradossi mica da ridere).[↩]

[b]vent’anni quasi effettivi: la pubblicazione della testata a lui dedicata si era infatti conclusa sul finire degli anni 40, e la sua successiva ricomparsa risale al numero 4 dei Vendicatori del 1964.[↩]

[c]entrambi eventi molto recenti (nel 2007 la morte, alla fine dell’evento Civil War nel quale tutti i personaggi Marvel si erano divisi fra Iron Man, che appoggiava una legge per l’identificazione e la registrazione statale obbligatoria di tutti gli essere umani dotati di super-poteri, e Capitan America, che invece si opponeva a tale legislazione; nel 2010 la rinascita, dopo una tortuosa serie di viaggi nel tempo, dislocazioni temporali, clonazioni, sostituzioni mentali e compagnia briscola) (il solito, insomma).[↩]

22 settembre 2011

Dal Robot Professore ai PNAMBIC

Focalizziamo l'attenzione non sul professore che effettua una lezione senza interruzioni, processo che può essere completamente automatizzato e che pertanto non richiede alcuna forma di intelligenza, quanto piuttosto sul professore che risponde alle domande poste dagli studenti, attività che invece richiede interazione.
Fino a poco tempo fa, in base ad alcuni studi statistici, si reputava che la distribuzione probabilistica delle domande seguisse una distribuzione di probabilità o una distribuzione di Pareto . Solo di recente è stato matematicamente dimostrato che invece anche tale distribuzione è una Zipf, cosa che suggerisce di nuovo una strategia precisa per la realizzazione di un programma in grado di rispondere alle domande degli studenti riguardo una lezione o un corso.

La domanda più comune è naturalmente universale: "Questo argomento sarà nel compito?", domanda che ovviamente tralasciamo.
Il compito del professore è quello di memorizzare le risposte a tutte le domande più frequenti, essere in pratica un FAQ-robot, e ricondurre ogni domanda ambigua ad una già nota. Nel raro caso in cui non ha risposta, il professore fornisce una risposta di default che indica che ha comunque capito la domanda, e fornirà una risposta a tempo debito. Nei programmi di questo tipo realizzati, la classica risposta di default era: "That is not my area of expertise".

Una ulteriore diminuzione della ricerca nel settore dell'intelligenza artificiale è avvenuta con il termine della guerra fredda, quando governi ed aziende hanno ridotto i fondi stanziati per tale tipo di tecnologia. Quello che era considerato un settore promettente, si è trovato ad affrontare una specie di selezione darwiniana causa diminuzione di risorse. Il pregio di quanto avvenuto è stato l'avvento della ricerca nel settore del "robot minimalism", una filosofia di progettazione basata su parti a basso costo, computer di basse prestazioni, comunicazioni a banda stretta ed una generale semplicità di design. E' stato il momento in cui è stato possibile far girare progetti di intelligenza artificiale anche su personal computer.
Verso la metà degli anni '90 anche il "robot minimalism" è passato di moda, ma si rileva come abbia comunque avuto una grossa influenza sullo sviluppo di A.L.I.C.E.
Infatti A.L.I.C.E. (ed anche un robot successivo chiamato Anna) non usa tecniche avanzate di intelligenza artificiale: non presenta reti neurali, nessuna rappresentazione della conoscenza, nessuna deep search, nessun algoritmo genetico.
Gli stessi sviluppatori di A.L.I.C.E. hanno scoperto l'esistenza di una teoria circolante in alcuni ambienti accademici legati all'intelligenza artificiale, chiamata Case-Based Reasoning (CBR), che assomiglia molto da vicino alla struttura stimolo-risposta di A.L.I.C.E. Ma arriviamoci per gradi, poichè si tratta di tecniche della famiglia dei Pnambic


"PNAMBIC—(acronym) Pay No Attention to that Man Behind the Curtain [from The Wizard of Oz]. Denoting any supposedly fully automated system that in fact requires human intervention to achieve the desired result." — New Hacker’s Dictionary

PNAMBIC è il nome del primo prototipo di A.L.I.C.E., in omaggio ai trucchi ed ai piccoli imbrogli che hanno fatto la storia dell'intelligenza artificiale, ma la macchina che forniva hosting si chiamava Alice, per merito di un dimenticato amministratore di sistema, per cui gli utenti iniziarono a chiamare "Alice" il software. Solo a quel punto fu forzatamente coniato l'acronimo A.L.I.C.E.: Artificial Linguistic Internet Computer Entity. Quindi A.L.I.C.E. è la prima tecnologia di intelligenza artificiale ad abbracciare apertamente questa tradizione di trucchi.
La tradizione risale al XVIII secolo, in particolare al barone von Kempelen ed alla sua macchina in grado di giocare a scacchi chiamata "il turco".
Questo celebre dispositivo mostrava di giocare a scacchi in modo decente contro ogni avversario umano, battendo anche personaggi all'epoca famosi come l'imperatrice di Russia e lo stesso Napoleone Bonaparte. Kempelen usò un trucco classico da prestigiatore: il turco aveva alla base due sportelli, con dentro i meccanismi che gli consentivano di muovere i pezzi. Dopo la performance della sua macchina Kempelen apriva uno sportello, poi lo richiudeva, e solo allora apriva il secondo, dando il tempo di saltellare dall'altro lato al nano polacco campione di scacchi che era in realtà nascosto dentro la macchina.

Nel 1984, un libro di fantasia e di poesie, scritto interamente secondo l'editore da un software di I.A. chiamato RACTER, causò minori sensazionalismi al momento della sua pubblicazione e passò quasi completamente inosservato. Solo nel 1993 Barger dimostrò come si trattasse di una presa in giro.
Il seguente esempio mostra il livello delle storie scritte da RACTER:
"Bill sings to Sarah, Sarah sings to Bill. Perhaps they will do other dangerous things together. They may eat lamb or stroke each other. They may chant of their difficulties and their happiness. They have love but they also have typewriters. That is interesting."
RACTER è un PNAMBIC perchè ottiene questi risultati solo con un considerevole intervento umano.

Secondo una leggenda metropolitana dell'I.A., che non sembra essere documentata, un famoso ricercatore in linguistica si ritrovò molto in imbarazzo durante una sua conferenza in Texas, durante la quale un robot iniziò a rispondere alla successiva domanda che lui stava per fare, e senza sbagliare, tra l'altro. In realtà il ricercatore aveva a che fare con un PNAMBIC.
Proprio per contrastare la diffusione dei PNAMBIC, e per evitare la confusione che si trattasse di esperimenti scientifici, nel 1991 fu organizzato a boston il Premio Loebner, il primo Test di Turing reale.
In tale occasione nessuno dei programmi in competizione si è avvicinato lontanamente alle performance umane, basta pensare che il dispositivo che ha ottenuto un più elevato punteggio è stato proprio ELIZA, lo psichiatra di cui si è parlato qualche post fa.


Alessandro

20 settembre 2011

La storia degli X-Men

Le volte scorse abbiamo brevemente parlato di come gli universi narrativi Marvel e DC siano dei contenitori nei quali le storie dei personaggi sono continuamente ri-narrate o modificate retroattivamente. Questa volta diamo una breve occhiata ad un’altra caratteristica fondamentale dei super-eroi Marvel: ovvero la distinzione fra superpoteri innati e acquisiti.

Gran parte dei personaggi Marvel, infatti, sono persone tutto sommato normali o verosimili che si ritrovano casualmente fra le mani poteri e capacità ben superiori a quelle di chiunque altro. Per fare qualche esempio: Peter Parker è un nerd che diventa Spiderman dopo il morso di un ragno radioattivo; Bruce Banner è uno scienziato che si trasforma in Hulk dopo essersi beccato una bomba gamma in faccia; Steve Rogers è un lungagnone esile e dinoccolato, che solo dopo una botta di supersiero e raggi non meglio specificati diventa quel gran tocco di Capitan America.

Gli X-Men (il cui primo numero uscì nel 1963, e furono frutto della fertilissima collaborazione fra Stan Lee e Jack Kirby) no: tutti i personaggi raccolti sotto questo titolo sono esseri umani che possiedono uno speciale gene mutante, il gene X appunto, che dona loro sia uno statuto genetico differente, sia dei superpoteri innati. È grazie a questo escamotage, tra l’altro, che la Marvel introdusse nella propria produzione temi quali l’odio razziale, la discriminazione e la tolleranza.

Il nucleo essenziale degli X-Men è rappresentato da Charles Xavier, mutante egli stesso e fra i primi ad accorgersi dell’esistenza del gene X, che decide di fondare un istituto presso il quale accogliere e addestrare nel miglior modo possibile (leggi: combattere il Male) tutti i mutanti della Terra. Viene in questo ostacolato da Max Eisenhardt, alias Eric Lensherr, alias Magneto, amico/nemico di lunga data, e da tutta una serie di stramboidi, a volte mutanti, a volte alieni, a volte robot, che vogliono spazzare via la razza umana.

Data la natura corale del titolo, negli anni si sono via via aggiunte e avvicendate caterve di personaggi e sceneggiatori, con conseguente avviluppamento selvaggio di storie, intrecci, modifiche e buchi narrativi. Il successo, e la relativa fama, si devono soprattutto all’opera di Chris Claremont, robusto narratore dal forte taglio psicologico che, grazie a un lungo periodo come unico sceneggiatore del titolo durante gli anni 80, riuscì a dare forma e sostanza ben precise agli X-Men (tutte le trasposizioni su pellicola dei mutanti, infatti, si basano in larga parte sul materiale prodotto da Claremont).

Forse non tutti sanno che...

-Charles Xavier ha ucciso la propria sorella gemella ancora nell’utero. Poi questa si è rifatta viva abbastanza incazzata (comprensibile, no?). Poi si è scoperto che in realtà la tizia non era una sorella gemella, ma una sorta di entità astrale che si era configurata biologicamente come doppio malvagio di Xavier (ecco, magari questo è un po’ meno comprensibile).

-i poteri involontariamente combinati di Xavier e Magneto hanno dato vita, a metà degli anni 90, a Onslaught, un supercattivo che ha sterminato quasi tutti i super-eroi Marvel (si è poi scoperto che questi erano stati tratti in salvo dal figlio di Reed Richards (sì, l’Uomo che si Allunga a Piacere dei Fantastici 4) che li aveva messi al sicuro per circa un anno in un pocket universe (una sorta di sub-dimensione contenuta all’interno del mondo narrativo principale)).

-Scott Summers (Ciclope) ha un figlio che è più vecchio di lui, Nathan Christopher Charles Summers (Cable per gli amici), a causa di una convoluta serie di viaggi fra il presente e il futuro che entrambi hanno compiuto, in barba ad ogni possibile paradosso temporale. Senza contare che la madre di Cable è un clone di Jean Grey (Fenice) poi tramutatasi in una sorta di regina demoniaca (non gliene va dritta una, a Ciclope).

-Kitty Pryde (Sprite, o anche Shadowcat) ha trascorso diversi anni dispersa nello spazio profondo, fusa ad un proiettile gigantesco con il quale una razza aliena aveva cercato di distruggere la Terra.

-Wolverine fa parte di un progetto militare supersegreto denominato Weapon X (dove la X sta per il numero romano 10), istituito per portare a un limite estremo le capacità fisiche e combattive di un determinato soggetto cavia (nel suo caso, Wolverine è stato dotato di uno scheletro in adamantio, uno dei metalli più duri dell’universo Marvel). In totale ci sono 16 progetti di questo tipo, e la Weapon I altri non è che Capitan America.

15 settembre 2011

Il robot politico

  • Client: Do you think President Clinton should be impeached?
  • Robot: It depends what you mean by “thinking.”
I politici, almeno quelli presenti nella nostra società, non sembrano mai dare risposte dirette ad una domanda. Se un giornalista pone una domanda specifica, il politico risponde con qualcosa di precedentemente memorizzato, che è vagamente collegato alla domanda, ma non necessariamente la risposta precisa. Se gli si chiede della scuola, ad esempio, il politico replica con qualche frase riferita alla politica riguardante la scuola decisa dal suo partito di appartenenza, la sua risposta è controllata solo dall'aver rilevato la parola chiave "scuola" nella domanda. In definitiva, per parlare da politico non è richiesta nessuna attivita creativa o di pensiero spontaneo.
Alla luce di queste ovvie considerazioni, molti sviluppatori si sono dedicati nei decenni scorsi allo sviluppo di robot "politici", che in presenza di determinate parole chiave generano risposte di default che simulano una "comprensione" della domanda, senza offendere nessuno.
Questo aspetto, che è stato chiamato un po' umoristicamente "aspetto democratico", è stato integrato e sfruttato in pieno nel sistema A.L.I.C.E. e successivi.
Nato dalla frustrazione riguardante l'apatia del pubblico nei confronti dei tentativi esistenti di costruire intelligenza artificiale, A.L.I.C.E. è un sistema progettato per rispondere a delle domande, che è poi la cosa principale che ci si aspetta dall'intelligenza artificiale. I progettisti hanno ipotizzato (correttamente) che le domande poste dalle persone al robot sono probabilisticamente distribuite secondo una distribuzione Zipf. Il fatto che appaia una distribuzione Zipf delle domande, conduce ad una strategia molto naturale per la soluzione del problema: la scrittura delle risposte alle domande più frequenti.
Una conversazione del primo prototipo di A.L.I.C.E. inizia selezionando a caso una "linea di dialogo", un argomento da seguire. E' stato possibile misurare la lunghezza media di un dialogo inziato con ogni specifica linea. I risultati degli esperimenti hanno mostrato che il dialogo medio più lungo è quello che ha come linea inziale "What is your favorite movie?" Quelli invece con lunghezza più bassa, corrispondente cioè e dialoghi di lunghezza media nulla o comunque brevissima, sono quelli che iniziano con "What do you think caused World War I?" e con "Are you a man or a woman?", il che è molto ironico, poichè quest'ultima frase è quella con cui inizia la maggior parte dei discorsi in una normale sessione chat umana.
A dispetto dell'evidente semplicità di questo approccio, tra l'altro ereditato da ELIZA, per molti anni il pregiudizio prevalente nel mondo accademico è stato il considerare ELIZA e tutti i suoi derivati come un "giocattolo", e quindi troppo semplice per formare la base scientifica per un sistema di riconoscimento del linguaggio naturale.
Un'intera scuola di pensiero, tra gli anni '70 e gli anni '80 ha sostenuto un approccio basato su un dominio limitato di argomenti, in cui il sistema può conversare solo di un argomento. Oltre al robot politico sono stati costruiti robot che parlano di rocce lunari, di edilizia o di Star Trek. Una seconda scuola ha invece favorito lo sviluppo di riconoscimento di sole frasi di senso comune, pensando che questo fosse necessario per la comprensione del linguaggio quotidiano. Infine, una terza scuola ha sperimentato la costruzione di qualcosa di simile ad una macchina generale in grado di imparare, come la GLM (General Learning Machine) ipotizzata da Turing, in grado di apprendere il linguaggio come farebbe un bambino.
E' stata proprio questa scuola di ricerca, guidata dal Dr. Richard S. Wallace, ad aver prodotto una nuova generazione di macchine, egregiamente rappresentata da Anna e A.L.I.C.E., in grado di far buona figura nell'OIG di Turing.
Tali macchine ereditano non solo le caratteristiche di ELIZA, ma anche quelle del robot politico.
Gli esperimenti condotti con A.L.I.C.E. dai suoi stessi sviluppatori, mostrano che in generale una conversazione è "priva di stato" (stateless), cioè dipende solo dalla domanda corrente e non c'è alcuna necessità di conoscere tutta la parte di conversazione precedente per poter generare la risposta. Infatti, nelle conversazioni umane si ha spesso l'impressione di avere la risposta "sulla punta della lingua" ancora prima che l'interlocutore abbia completato la propria frase. Solo occasionalmente un dialogo richiede una memoria di livello superiore, che tenga conto di una parte delle cose già dette. Questa caratteristica è stata implementata in A.L.I.C.E.
Alessandro Iacuelli

13 settembre 2011

La storia di Lanterna Verde

Così come per la Marvel, anche per la DC Comics vale il discorso sugli universi paralleli accennato la scorsa volta – ovvero: il continuum narrativo dell’universo editoriale gestito dalla DC è un insieme composto da un numero variabile di mondi paralleli, ognuno corrispondente o a delle versioni alternative dei personaggi di cui solitamente vengono mostrate le storie, o a dei super-eroi acquistati da altre cade editrici, oppure a delle antiche versioni, risalenti agli anni 40, degli stessi personaggi DC (il Superman degli anni 40, per fare un esempio, non è lo stesso Superman che si vede nei fumetti degli anni 60 – ai tempi, pur non essendo mai stata interrotta la pubblicazione della testata, si decise di svecchiare il personaggio facendo finta che non fossero mai accadute, o fossero accadute in maniera differente, quasi tutte le storie dei precedenti 15/20 anni – operazione ripetuta poi più volte sia con lo stesso Superman, sia con altri personaggi, in maniera a volte palese, a volte occulta[1]).

Per quanto riguarda Lanterna Verde la premessa essenziale è che tale nome non è l’alias di un personaggio particolare, quanto un titolo che viene assegnato a chi entra a far parte delle Lanterne Verdi, un corpo di polizia interstellare il cui compito è quello di combattere il male in ogni sua forma e di mantenere l’ordine nell’universo. Tale corpo di polizia è stato istituito sul pianeta Oa (pianeta situato nel centro geografico dell’universo) dagli abitanti stessi del pianeta, autoproclamatisi i Guardiani dell’Universo (dei nanetti blu terribilmente potenti e terribilmente stronzi, come è facile immaginare) – tutto questo per porre rimedio a un fatale errore commesso da uno scienziato di Oa, il quale, per smania di osservare direttamente la creazione dell’universo con un macchinario di distorsione spazio-temporale, ha causato la disintegrazione dell’originario, unico universo in una miriade di dimensioni parallele (le stesse che poi costituiscono l’intera realtà editoriale DC[2]).

In dotazione le Lanterne Verdi hanno, sorpresa!, una lanterna verde e un anello da indossare: la lanterna serve da batteria di ricarica per l’anello, il quale è uno strumento tecnologico dai poteri immensi, limitato nelle sue funzioni solo dall’immaginazione e dalla forza di volontà del possessore (e, per un lungo periodo, anche dal colore giallo) (c’è ovviamente una giustificazione narrativa anche per questo, che vi credevate?[3]).

Editorialmente parlando, la prima Lanterna Verde, creata da Bill Finger e Martin Nodell, è Alan Scott, un ferroviere ammeregano che, dopo aver trovato una strana lanterna verde, la usa per forgiarsi un anello dai poteri straordinari (verrà poi spiegato, con una modifica retroattiva effettuata negli anni 60, che tale lanterna era stata spedita sulla Terra dai Guardiani dell’Universo, ma era stata poi data per persa e abbandonata al proprio destino). Dopo qualche anno la pubblicazione viene interrotta, per essere ripresa nel 1959 su decisione dell’allora editor DC Julius Schwartz, il quale assegna il compito di ripensare il personaggio a John Broome e Gil Kane. Il duo se ne esce con la storia di una Lanterna Verde, Abin Sur, che si schianta sulla Terra, e in fin di vita dona la propria lanterna e il proprio anello al terrestre Hal Jordan, un pilota di jet scavezzacollo che si ritrova improvvisamente catapultato in un universo letteralmente più grande di lui. Seguono scontri con cattivoni più o meno bizzarri, saghe spaziali varie, lotte epiche fra esseri alieni, un sostanzioso periodo di impegno sociale (negli anni 70, quando Hal Jordan va ad affiancare Green Arrow, le storie vengono fatte ruotare in maniera esplicita attorno a temi come il consumo di droga fra i giovani, il segregazionismo, il consumismo, la misoginia etc.), l'immancabile giramento di boccino (in seguito alla distruzione, da parte del supercattivo di turno, della propria città natia – è in questa occasione che Jordan decide di usare il potere dell’anello per tentare di tornare indietro nel tempo e modificare il corso degli eventi – peccato che nel farlo uccida tutte le Lanterne Verdi e i Guardiani dell’Universo[4]), varie occasioni di rinascita e il ritorno agli antichi splendori (il ritorno in carica come personaggio principale della testata viene gestito da Geoff Johns, autore fra i più prolifici e di successo della DC degli ultimi anni).

Forse non tutti sanno che…

-Hal Jordan ha riacceso il Sole (e c’è rimasto secco).

-Daffy Duck è stato, per un breve periodo, una Lanterna Verde.

-una volta un nemico di Kyle Rayner (che ha ricoperto il ruolo di Lanterna Verde per diversi anni al posto di Hal Jordan) gli ha fatto ritrovare la sua la fidanzata tagliata a pezzi nel frigorifero di casa. Altro che il Joker.

-sempre parlando di fidanzate, Hal Jordan è stato per diverso tempo assieme a una aliena tredicenne. Già.

-fra i vari esseri che fanno parte delle Lanterne Verdi ci sono: una mosca; uno scoiattolo; una formula matematica senziente (eh); un pianeta intero.


[1] è storia recentissima (i primi numeri hanno iniziato a uscire una settimana e mezza fa) il reboot effettuato con la saga Flashpoint, nella quale Flash, dopo una serie di accadimenti come al solito ingarbugliati e convoluti, si trova costretto a tornare indietro nel tempo alla cieca, in pratica quasi riazzerando narrativamente l’intero universo DC. Gli effetti? Tutte le testate sono state fatte ripartire numericamente dal numero 1, tutti gli eroi hanno cambiato costume, tutte le storie di questi ultimi 30-40 anni sono state relegate in una linea temporale differente rispetto a quella attuale (cambiamenti che, ovviamente, saranno validi fino al prossimo stravolgimento narrativo per modificare ulteriormente quanto fatto o per recuperare in toto quanto lasciato alle spalle).[↩]

[2] di differente dal multiverso Marvel, quindi, c’è che il multiverso DC ha una giustificazione narrativa interna (alla Marvel l’esistenza del multiverso è una semplice conseguenza del volere di un super-essere ultra-supremo, il cosiddetto One-Above-All, che rappresenta il reale caporedattore in carica). Fra le varie terre parallele dell’universo DC vale la pena citare Terra 2, dove abitano gli eroi della golden age (ovvero tutte le versioni originali degli anni 40 degli odierni super-eroi. Il problema qui è che, se con Green Lantern effettivamente vi fu uno stacco editoriale di alcuni anni fra la prima versione del personaggio (un ferroviere di nome Alan Scott) e la sua ripresa nel 1959, altri personaggi non hanno avuto discontinuità editoriali (come con Batman e come, ne abbiamo già accennato prima, con Superman). In quest’ultimo caso si è comunque deciso di creare delle versioni più anziane dei super-eroi in questione, con risultati interessanti: in questa Terra 2, ad esempio, Batman ad un certo punto decide di appendere il mantello al chiodo, si sposa con Catwoman, diventa commissario di polizia e muore dando la caccia a un super criminale, lasciando una figlia che continuerà le sue gesta eroiche con lo pseudonimo di Huntress). Oppure Terra 3, una sorta di mondo alla rovescia dove i buoni sono cattivi e viceversa (e che è dominata dalla versione malvagia di Superman, conosciuto in questo universo come Ultraman). O, ancora, Terra 387, in cui tutti gli abitanti del mondo sono licantropi; Terra 1191, nella quale Batman è un vampiro; o, per finire, una Terra ancora senza numerazione nella quale il razzo che ha portato Superman da Krypton sulla Terra, invece di cadere negli Stati Uniti è caduto in un kolkhoz dell’Ucraina comunista (vi lascio immaginare i successivi sviluppi).[↩]

[3] giustificazione che non starò qui a illustrarvi (in realtà ve la spiego nella nota successiva). Vi basti sapere che tutti i colori visibili dello spettro (rosso, verde, giallo, arancio, blu, indaco, violetto, più il nero e il bianco) danno origine a dei rispettivi anelli del potere, e che le interazioni fra i possessori di questi anelli sono a dir poco variegate.[↩]

[4] verrà poi spiegato in seguito che il giramento di boccino era stato in realtà causato da una entità maligna assopita all’interno della principale Lanterna Verde presente su Oa; entità di colore giallo (da qui l’inefficacia dell’anello contro tale colore), definita Parallax, che avrebbe poi dato origine alle Lanterne Gialle.[↩]

8 settembre 2011

ELIZA, lo psichiatra

Nel 1966, 16 anni dopo lo scritto di Turing, appare sulla scena il primo tentativo di realizzazione di un interprete di linguaggio naturale, ad opera di Joseph Weizenbaum.
La storia di Weizenbaum è per certi versi interessante quanto quella di Alan Turing, anche se meno tragica.
Di solito Weizenbaum viene immaginato come un luddista dei nostri tempi, che distrugge l'intelligenza artificiale come il celebre commerciante inglese distuggeva le fabbriche per reazione alla rivoluzione industriale. Ma a differenza dei luddisti, Weizenbaum fu anche il costruttore della macchina che distrusse.
Da questo punto di vista, può essere paragonato ai fratelli Wright, che distrussero il prototipo di aereo dopo il primo volo affermando che: "questa tecnologia è troppo pericolosa, meglio rimettere il genio nella bottiglia".

Una tipica conversazione con ELIZA è la seguente (C = Client; R = Robot):
C: Well, my boyfriend made me come here.
R: Your boyfriend made you come here.
C: I am unhappy.
R: Do you think coming here will help you not to be unhappy?
C: I need some help, that much seems certain.
R: What would it mean to you if you got some help?
C: Perhaps I could learn to get along with my mother.
R: Tell me more about your family.
C: You are like my father in some ways.
R: What resemblance do you see?
C: My father is afraid of everybody.
R: What else comes to mind when you think of your father.
C: Bullies.
R: Does that have anything to with the fact that your boyfriend made you come here?


Uno dei trucchi fondamentali di Eliza è l'inversione dei pronomi mostrata già nella prima battuta. Mediante una mappatura che trasforma "my" in "your" e "me" in "you", il robot risponde al client essenzialmente con un semplice echo dell'input ma scambiando i pronomi dalla prima alla seconda persona singolare.
Gli altri reply sono dei default generici, che danno l'illusione di una qualche comprensione dell'input. Se il client dice qualcosa con il prefisso "I need some X", il robot replica con "What would it mean to you if you got some X?". Non importa se X sia aiuto, soldi, cibo, acqua, amore o tempo libero: la stessa risposta copre tutti gli input di questo tipo.
Le altre repliche di ELIZA sono basate su un semplice riconoscimento di alcune parole chiave, come nella precedente battuta riguardante la madre del client, quando il robot dice: "Tell me more about your family". L'apparire della parola chiave "mother" in un qualsiasi punto dell'input controlla questo tipo di risposta. ELIZA ha una memoria molto limitata dello stato della conversazione: quando incontra l'input sconosciuto "Bullies", risponde con l'argomento (topic) precedentemente memorizzato.

A differenza di quel che si crede oggi, Weizebaum smise di perfezionare ELIZA, trovando terrificante che alcune persone non avessero compreso che ELIZA fosse un dispositivo automatico. Weizebaum racconta nel 1976 di come rimase shockato dall'esperienza di testare ELIZA, noto anche come "il dottore", facendolo usare dal personale non tecnico del MIT. Decine di segretarie e impiegati amministrativi pensarono che la macchina fosse un "reale" terapista, e spesero ore a rivelare i loro problemi personali al programma. Quando Weizenbaum informò una segretaria del fatto che lui avesse accesso ai log di tutte le conversazioni, la donna reagì andando su tutte le furie per questa "invasione della privacy". Per il ricercatore fu traumatico l'ammettere che un semplicissimo programma potesse sviare degli utenti ingenui fino a far rivelare loro delle informazioni personali.
Ciò che stupì profondamente Weizenbaum fu che i "pazienti" ritenevano che il programma realmente comprendesse i loro problemi. Anche alcuni psichiatri hanno reputato che il robot terapista potesse essere davvero un aiuto costruttivo per alcuni tipi di pazienti. La reazione di Weizenbaum può essere compresa meglio se la si confronta con quella di un astronomo nei confronti dell'astrologia.
Il retro di copertina del libro di Weizenbaum, Computer Power and Human Reason (1976) fornisce un'idea delle reazioni suscitate dal volume all'epoca della sua pubblicazione:
"Dare I say it? This is the best book I have read on the impact of computers on society, and on technology, and man’s image of himself."—Keith Oakley, Psychology Today
"A thoughtful blend of insight, experience, anecdote, and passion that will stand for a long time as the definitive integration of technological and human thought."—American Mathematical Monthly
"Superb ... the work of a man who is struggling with the utmost seriousness to save our humanity from the reductionist onslaught of one of the most prestigious, and richly funded technologies of our time."—Theodore Piszak, The Nation."

Computer Power and Human Reason ci appare oggi come un testo un po' ingenuo, appare evidente che Weizenbaum percepì come propria la missione di informare un pubblico disinformato che confonde fantascienza e realtà: la maggior parte del libro è dedicata allo spiegare come funziona un computer, cosa necessaria nel 1976, ma oggi un titolo appropriato per il volume potrebbe essere "Computers for Dummies". Due capitoli del testo sono dedicati ad un attacco violento nei confronti dell'intelligenza artificiale, specificamente contro ELIZA, e nei confronti della ricerca informatica in generale.
Quasi tutti i ricercatori dell'epoca non ebbero bisogno di altri incoraggiamenti per pensare che ELIZA fosse solo un trucco ed in ogni caso non un "serio" progetto di intelligenza artificiale; nonostante questo, ELIZA è di sicuro il programma più diffuso ed utilizzato, nella breve storia dell'intelligenza artificiale.
Il maggiore danno creato da Joseph Weizenbaum sta nell'aver voluto non promuovere la sua tecnologia, ma di aver invece stimolato la sua critica. In tal modo ha bloccato ogni successiva investigazione nel settore.
Negli anni successivi, sono stati messi a punto altri dispositivi, intesi come miglioramento ed evoluzione di ELIZA.

6 settembre 2011

La storia di Thor

Parlare di uno qualsiasi dei personaggi dei comics mainstream ammeregani è sempre un’impresa spinosa. Non tanto per il posto che occupano nell’immaginario collettivo e nella cultura pop, quanto per il fatto di essere, a livello narrativo, la versione contemporanea dei miti antichi. Così come per i miti, infatti, ogni personaggio, e ogni evento che lo riguarda, è passato attraverso innumerevoli voci e racconti di artisti differenti, che ne hanno narrato in maniera sempre diversa il passato, il presente e pure il futuro.

Le storie che formano e sorreggono gli eroi DC e Marvel sono costituite da un flusso di eventi (che riguardano la creazione del personaggio, i suoi amori, le sue lotte, le sue morti e rinascite) continuamente modificati, rimaneggiati, ristrutturati e riscritti, per meglio adeguarsi sia al trascorrere del tempo e delle mode, sia agli obiettivi che la casa editrice e lo sceneggiatore di turno si prepongono.
Viene così a capitare che molti episodi più o meno bizzarri della vita editoriale degli eroi vengano dimenticati, volutamente o meno; o che diversi personaggi si spostino senza sosta dalla ribalta alle quinte, cambiando poteri, capacità, relazioni; o, ancora, che interi decenni di storie e archi narrativi vengano cancellati dalla continuità narrativa del personaggio*.

Quello che comunque resta quasi sempre invariato nella storia di un personaggio è la sua origine: un cuore, o una sorta di nocciolo, che rimarrà uguale a se stesso, non importa chi ci sia a scrivere l’ennesima versione del personaggio (fumettistica, cinematografica o animata). E nel caso di Thor il cuore è il seguente.

Tutte le creature della mitologia norrena esistono, sono reali, e sono pure tremendamente potenti. Queste vivono ad Asgard, luogo situato su di un piano dimensionale differente rispetto a quello della Terra (attenzione: piano dimensionale, non universo parallelo – esistono altri universi paralleli a quello principale Marvel (indicato comunemente come Terra 616**) che contengono le proprie differenti versioni di Asgard). Thor, figlio del supremo Odino, un bel giorno fa il ganassa con i Giganti del Ghiaccio, fornendo un casus belli che mette sottosopra Asgard, e che fa parecchio incazzare Odino stesso. Odino che quindi spoglia Thor dei suoi poteri e lo precipita sulla Terra per farsi un bagno d’umiltà. Seguono mirabolanti avventure di un dio in disgrazia che cerca di recuperare la propria identità e il proprio posto ad Asgard, ostacolato in ogni modo dal fratello Loki, spesso in combutta con il demone del fuoco Surtur.

Thor compare per la prima volta nel numero 83 di Journey into Mystery (1962), un magazine della Marvel nel quale si testavano e si proponevano al pubblico storie e personaggi legati alla fantascienza, al soprannaturale e all’orrore, e visto il successo riscosso nei lettori si decise di dedicargli una testata apposita. Nei quasi cinquant’anni che sono passati, a Thor gliene sono capitate di ogni: recupera i poteri, fonda (assieme ad Iron Man e altri) i Vendicatori, mena un sacco le mani sui cattivoni che cercano di distruggere la Terra, s’innamora della terrestre Jane Foster, ritorna ad Asgard, affronta nemici ed entità cosmiche sempre più potenti***, sostituisce il defunto Odino sul trono di Asgard, muore sconfiggendo dei non meglio precisati esseri che tenevano in scacco da millenni le divinità dell’universo Marvel (universo nel quale sono presenti e bene attivi anche i pantheon greci e indiani), ritorna in vita, riprende a menare a destra e a manca.

I creatori di Thor sono Stan Lee e Jack Kirby (i due hanno messo in piedi i quattro quinti dei super-eroi Marvel), e fra gli sceneggiatori e i disegnatori più importanti che hanno curato il personaggio si possono annoverare Gerry Conway, Warren Ellis, Dan Jurgens, Michael Straczynski, Matt Fraction, Neal Adams, John Buscema, John Romita jr e Walt Simonson.

Forse non tutti sanno che Thor…
-una volta è stato sconfitto da un cavallo cyborg alieno antropomorfo, tale Beta Ray Bill, che gli ha sottratto per qualche tempo il ruolo di dio del tuono (no, sul serio);
-ha riempito diverse volte di botte un intero pianeta vivente (nominato con didascalico rigore Ego il Pianeta Vivente);
-ha fatto passare un brutto quarto d’ora a Dracula;
-ha fulminato Tony Stark perché quest’ultimo l’aveva clonato senza il suo permesso (oh, Tony, non ti smentisci mai);
-ha vissuto sotto forma di rana per diverso tempo (non parliamo poi di quando è stato ridotto a una forma liquida);
-qualche anno fa ha conquistato la Terra intera, ed è poi tornato indietro nel tempo per impedire a se stesso di portare a compimento l’impresa – principalmente perché, usando le immortali parole di Conrad von Orton (ovvero Sean Penn) in “The Game” di David Fincher, gli era sembrato di essere diventato troppo stronzo;
-alcuni degli alter ego di Thor (a volte semplici alias, altre volte invece dei doppi umani nei quali il dio si tramuta) comprendono: Donald Blake (medico),  Jake Olsen (paramedico), Eric Masterson (architetto), Sigurd Jarlson (muratore) (sembra avere una predilezione per certi campi professionali, il nostro dio del tuono).

*un eclatante caso di questo tipo è avvenuto qualche tempo fa con l’Uomo Ragno: per svecchiare il personaggio si decise, tramite un escamotage molto criticato (un patto con Mefisto), di cancellare il suo matrimonio con Mary Jane (avvenimento che a suo tempo, nel 1987, fu imbastito in fretta e furia per contrastare un’analogo evento che quelli della Marvel pensavano stessero per mettere in piedi quelli della DC, ovvero il matrimonio fra Clark Kent e Lois Lane – matrimonio, quest’ultimo, che però avvenne una decina d’anni dopo), e renderlo nuovamente single e inquilino a scrocco dalla zia May.

** gli altri, potenzialmente infiniti, universi paralleli, denominati come Terra-numero, servono da contenitori per i personaggi di altre case editrici, oppure per delle versioni degli stessi personaggi Marvel a cui le cose sono andate in maniera differente rispetto alla Terra principale: la Terra 1610, ad esempio, è l’universo nel quale sono ambientate le storie della linea Ultimate (linea editoriale che è stata presa come riferimento per le ultime versioni filmiche dei personaggi Marvel); la Terra 2149 è un universo nel quale i super eroi si sono trasformati in degli affamatissimi zombie. Il tutto è complicato dal fatto che spesso i super-eroi si fanno dei gran viaggioni fra i diversi mondi paralleli, oppure la Marvel stessa decide di modificare i propri piani editoriali, e se ne salta fuori a posteriori con qualcosa come “ah, guardate che dal gennaio di due anni fa fino ad oggi abbiamo mostrato le storie di Terra-numero-vattelapesca. Adesso torniamo a mostrarvi le storie di Terra 616” (cosa realmente accaduta con Age of Apocalypse, un mega-evento di metà anni 90 che avrebbe dovuto rivoluzionare tutta l’architettura narrativa dell’universo Marvel, ma che poi, visto il pasticcio creato e le ire dei lettori, si decise di bollare come Terra 295, per ritornare a uno status quo di due anni anteriore su Terra 616).

*** qualche esempio? Siore e siori, primo nella fila abbiamo Graviton (uno scienziato a cui gira il boccino in seguito a un incidente di laboratorio, e che gli dona il potere di manipolare la gravità); segue il baldanzoso Ultron (un super-essere robotico a cui girano invece i circuiti, in seguito a un forte complesso edipico provato nei confronti del proprio creatore, lo scienziato e Vendicatore Hank Pym); ultimo ma non meno strambo, Korvac (un ingegnere informatico di un universo parallelo (Terra 291) che, dopo aver tradito la razza umana e averla resa schiava degli alieni rettiloidi Badoon, viene da questi trasformato in un cyborg dai poteri apparentemente illimitati (per punizione, eh, mica come contropartita per il tradimento)).

Gualtiero.

1 settembre 2011

Il Test di Turing

Il sogno della realizzazione di macchine in grado di simulare attività intelligenti è un sogno antico.
Inizialmente il problema teorico non è tanto rappresentato dalla realizzazione della macchina (questo è semmai un problema pratico e non teorico); il problema è semmai lo stabilire un metro di misura del quanto la simulazione di "avvicini" alla realtà.
Il "Test di Turing" è per certi versi una "misura" di questo tipo.

La prima versione è dovuta allo stesso Turing, ed appare sulla prima pagina del suo scritto con il nome di Original Imitation Game (OIG). L'OIG ha tre giocatori: un uomo (A), una donna (B) ed una terza persona (C). E' un gioco molto semplice, ed anche spesso divertente! Si può provare a giocarlo ad esempio durante un'allegra serata tra amici.
Il terzo giocatore (C) ha la funzione di comunicare mediante domande con gli altri due, ma non deve vederli... né sentirli: (A), (B) e (C) dovrebbero trovarsi in stanze diverse ed una quarta persona dovrebbe fare da "mezzo di trasporto" e portare i messaggi tra le varie persone. In alternativa, al fine di non permettere la vista diretta tra i giocatori, lo si può giocare via internet, ad esempio in una chat.
Il giocatore (C) pone domande agli altri due giocatori, sia all'uomo sia alla donna. Lo scopo di (C) è quello di decidere chi è l'uomo e chi la donna.
Il compito di (C) è reso difficile dall'uomo (A), che secondo Turing deve replicare alle domande con errori e bugie.
Divertente, no? Provate a giocarlo! Vi assicuro che si riderà molto (soprattutto se il mentitore è bravo a mentire). Mettiamo da parte le questioni sociali e di genere sollevate da un gioco come l'OIG, e consideriamolo solamente come un esperimento scientifico. La puntualizzazione di Turing è che se viene ripetuto l'OIG con un campione sufficientemente ampio di persone nei ruoli di (A), (B) e (C), misureremo una specifica percentuale M di volte in cui (in media) (C) sbaglia ad identificare chi è la donna, di conseguenza nel 100-M% dei casi (C) identificherà correttamente chi è la donna.
Dato un ampio numero di prove, la teoria generale della probabilità ci assicura che M è un numero la cui misura è ripetibile. M ha il significato fisico di percentuale (misurata, quindi osservabile) di errore da parte dell'uomo.
Ora, consideriamo di fare un "passo da gigante" e sostituire l'uomo (A) con un computer provvisto di un apposito programma in grado di rispondere alle domande che gli vengono poste.
Cosa avviene se proviamo l'esperimento con un programma molto semplice?
In un caso del genere, (C) riesce ad identificare correttamente la donna nel 100% dei casi, e quindi M=0. Un programma banale non fa bella figura nel OIG, ma al migliorare delle risposte dei programmi, o meglio al loro avvicinarsi alle risposte dell'uomo (A) che mente, la percentuale di identificazioni scorrette si potrebbe avvicinare a M? Cioè potrebbe confondersi con l'interlocutore umano che mente?
Questo è uno dei problema centrale della moderna intelligenza artificiale.
Problema da sottolineare in quanto misconosciuto a causa di certa pubblicistica fantascientifica che propaganda nell'immaginario collettivo un futuro superamento di M. Da notare per inciso, che fino ad oggi nessun programma ha mai superato il test di Turing.

Link per approfondire, e per sperimentare:
Alice - Il programma dialogante più famoso (ma parla inglese)
ILN - Un progetto che mi vede coinvolto nella realizzazione
GrokItBot - un programma che parla via AOL IM

Alessandro Iacuelli.